Su Inizio Giù

 La decisione di Roma di dedurre una colonia di cittadini romani sulla collina di Osimo a completamento del suo organico piano politico e militare sul medio Adriatico, comportò la necessità di procedere alla divisione in lotti dei fertili terreni della pianura del Musone e dell’Aspio da assegnare a nuovi arrivati. La centuriazione dell’ager publicus ausimate sarebbe stata disposta con limiti graccani secondo i passi del Liber Coloniarum I e II. E’ stato proposto, inoltre, che la colonia di Auximum piuttosto che al 157 a.C. debba essere ascritta al 128 a.C. nel periodo dei Gracchi. L’importante impianto produttivo di età romana di Monte Torto di Casenuove di Osimo, relativo forse ad una fattoria, si inserisce nel contesto della centuriazione della media valle del Musone. Sulla riva sinistra di tale fiume a mezza costa del pendio rivolto a mezzogiorno della predetta altura di Monte Torto (m 238 s.l.m.) scavi sistematici condotti negli anni 1982-1995 hanno consentito il recupero di uno dei più interessanti e organizzati complessi produttivi di età romana del Piceno. Sorto in un’area particolarmente adatta, per la fertilità dei terreni, per la presenza di sorgenti di acqua individuata sulla sommità della collina, al riparo dai venti freddi provenienti da N e collegato da una comoda viabilità a un’importante arteria di comunicazione di fondovalle, l’impianto produttivo ha conosciuto una prolungata continuità di frequentazione compresa tra il I sec. a.C. e il IV-V sec. d.C. Il complesso produttivo ha operato in una zona in cui è documentata la presenza di altri insediamenti e di sepolcreti e tombe monumentali di età romana. Quest’ultime come la camera ad ipogeo con stucchi e mosaico della prima metà del I sec. a.C. e la tomba a torre di S. Maria Nuova sono state messe in relazione a importanti famiglie locali. In questa stessa zona sono stati segnalati ritrovamenti archeologici in cui si ricordano anche sculture definite di tipo egizio che confermano la particolare frequentazione del sito ubicato ai lati di un’importante via di comunicazione. Tra IV e III sec. a.C. l’area è stata interessata dalla presenza di comunità galliche come attestato dai sepolcreti di S. Filippo di Osimo e di S. Paolina di Filottrano relativi ai Senoni dell’Adriatico. Gli scavi hanno portato in luce un impianto produttivo che contrariamente a quanto ipotizzato potrebbe essere isolato non unito cioè alla parte residenziale destinata al dominus con la sua famiglia secondo uno schema che ritorna in molte altre ville rustiche. A Monte Torto non si sarebbe di fronte ad una di quest’ultime, bensì ad un semplice complesso produttivo aperto a utenti diversi. Se è vero che allo stato attuale delle ricerche non sono stati individuati strutture e vani riferibili alla pars urbana è pur altrettanto vero che la documentazione archeologica offerta dai materiali raccolti potrebbe attestare una realtà più complessa come lascerebbero ipotizzare le ceramiche da mensa, alcuni oggetti di ornamento e soprattutto un torso marmoreo di statuetta di peplophoros. Il complesso produttivo si articola in una serie di ambienti (frantoi, cantine e magazzino) collegati tra loro e disposti sul lato orientale di un ampio cortile porticato. A m 250 a valle di tale impianto è stata individuata una cisterna a cielo aperto a pianta circolare con un diam. di m 11 circa, profonda m 2,50. E’ stato ipotizzato che la sua funzione fosse quella di raccogliere acque pluviali e di vena destinate all’abbeveraggio del bestiame, alle irrigazioni degli ortaggi e a vari usi agricoli.
Le strutture più significative del complesso produttivo sono i due ambienti con frantoi (torcularia) per vino e olio, paralleli e orientati in direzione NO-SE. Il frantoio per il vino, che è quello meglio conservato, è un ambiente di m 10,20 x 6,30 pavimentato con mattoncini disposti a spina di pesce. Quasi al centro dell’ambiente sono collocate le due superfici circolari di spremitura (arae) circondate da canalette comunicanti che hanno la funzione di convogliare il liquido di spremitura entro due pozzetti vicini. Presso le arae sono collocate due lastre di pietra con doppio incasso ciascuna in cui alloggiavano i montanti verticali (arbores) con la funzione di sostenere l’estremità del braccio (prelum) che permetteva la torchiatura. Una vicina vasca in muratura rivestita in opus signinum serviva a preliminari operazioni connesse alla torchiatura. Il frantoio per l’olio è un grande ambiente rettangolare di m. 12 x 6, pavimentato in opus spicatum di cui si conservano alcuni tratti. Di questo frantoio si conservano un’ara e tre vasche. A ridosso degli ambienti dei torchi sono state individuate le cantine insieme ai magazzini. I materiali archeologici raccolti suggeriscono l’uso dell’impianto tra la fine del I sec. a.C. e tutto il I sec. d.C. Nel corso del V sec. d.C. sulle rovine dell’impianto furono definiti alcuni ambienti di abitazioni costruite con materiali edilizi più antichi. A questa fase appartengono numerosi frammenti di ceramica sigillata chiara D e di ceramica medioadriatica.